Quando si fa il suo nome, si pensa soprattutto al concetto di carità. Vincenzo de’ Paoli, versione italiana dell’originario Vincent de Paul, è morto il 27 settembre 1660 a Parigi. Nome ancora attuale il suo. Attualissimo. Nella nostra quotidianità sentiamo spesso parlare della “San vincenzo”, realtà che opera sempre con dedizione a sostegno delle persone più deboli e più emarginate.
Si ritrova iscritto da bambino all’Ecole des Cordeliers, dei francescani, quasi per caso. O, meglio, per necessità: lo accompagna suo papà, povero agricoltore della cittadina di Pouy, nella speranza che l’istruzione possa garantirgli un migliore tenore di vita e, perché no, qualche quattrino da inviare alla famiglia. A scuola è tutt’altro che fuori posto: atteggiamento irreprensibile, studia con profitto. E, a 16 anni, sarà lui a decidere che il suo futuro sarà all’interno della Chiesa. Sarà ordinato sacerdote tre anni dopo.
Il suo destino è quello di diventare cappellano di corte di Margherita di Valois. A determinare quella che sarà la sua attività pastorale, però, sarà il trasferimento a Clichy: lì l’incontro con Francesco di Sales, altro grande della Chiesa, e l’inizio di un’intensa attività dedicata ai poveri e agli infermi. Dove ci sono gli “ultimi”, lì ci sarà Vincenzo de’ Paoli. E non solo lui, a dire il vero, visto che nel 1623 fonda la Compagnia delle Dame della Carità, poi diventate “Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli”.
La sua opera, però, è inarrestabile. Un gigante della carità. Crea la Congregazione della Missione, poi fonda la Città dei Poveri per dedicare tutte il sostegno – medico e umano – ai malati e agli emarginati.
Il suo nome diventa un punto di riferimento. Il Re Luigi XIII, non a caso soprannominato “Il Giusto”, lo vuole come consigliere personale. La sua opera assistenziale si estenderà così anche nella città di Parigi, con particolare attenzione anche alle vittime delle guerre di religione. A lui si deve la fondazione dell’ospedale “de la Pitié Salpetrière”, con l’appoggio del re Luigi XIV.
Alla sua morte, nel 1660, lascia una grande eredità. Non materiale, ovviamente, visto che in tasca non ha nemmeno il becco di un quattrino per sé, bensì morale e spirituale. La sua opera diventerà un esempio per molti, qui in Italia l’idea sarà rilanciata da Giuseppe Benedetto Cottolengo con la Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il 16 giugno 1737 Papa Clemente XII lo proclamerà santo.