C’è chi lo canta a squarciagola, chi lo bisbiglia quasi vergognandosi della sue capacità vocali, chi si emoziona, chi lo accompagna con la mano appoggiata sul cure e chi, come i giocatori di rugby, stringendo nel pugno la maglia in segno di attaccamento. Ci riferiamo naturalmente a “Fratelli d’Italia” o, citando il titolo corretto, al “Canto degli italiani”, diventato per la prima volta inno del nostro Paese, sebbene con carattere provvisorio, il 12 ottobre 1946.
Un canto scritto negli anni del Risorgimento, con testo dell’allora ventenne Goffredo Mameli (morirà un anno dopo) e musica di Michele Novaro, all’epoca compositore di inni patriottici e impegnato nella causa garibaldina. Sulla data di composizione di quel testo ci sono alcuni dubbi, ma Giosuè Carducci rassicura tutti sul fatto che è accaduto l’8 settembre 1847 alla vigilia di un moto di Genova, facendoci sapere che presto diventa popolare e risuona in tutta l’Italia nel 1848 e nel 1849.
Per quanto riguara il testo, Mameli rivela invece di essersi ispirato all’inno francese (“La marsigliese”), anche se non mancano riferimenti anche all’inno greco, e di avere scartato l’idea di adattarloa motivi già esistenti non ritenendoli adeguati. La scelta è dunque quella di inviare quel testo a Torino dal maestro Novaro, già noto per i suoi inni. Pare che sia stato proprio il musicista a suggerire a Mameli di cambiare l’inizio: ovvero abbandonare l’idea originaria di “Evviva l’Italia” con “Fratelli d’Italia”.
Di fatto tra testo e musica con la fine di novembre dell’anno 1847 è tutto completo. Si arriverà alla prima esecuzione il 10 dicembre dello stesso anno a Genova nel corso della commemorazione di una rivolta contro le truppe asburgiche. La situazione è curiosa: da molti viene giudicato troppo mazziniano. Mentre proprio lui, Giuseppe Mazzini, non lo giudicherà di particolare interesse perché poco marziale. Mazzini gli commissione un nuovo canto, “Suona la tromba”, ma alla fine boccia pure questo. Di fatto “Il canto degli italiani” inizia a essere cantato in ogni manifestazione.
Con l’unità d’Italia, però, nel momento in cui c’è da scegliere l’inno ufficiale, la scelta ricade su “Marcia Reale”, vecchio brano del 1831. Rimarrà l’inno ufficiale fin al 1943, anche se in piena epoca fascista si preferiscono canzoni di tutt’altro tipo (“Giovinezza” e simili).
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale si decide di adottare come inno la “Canzone del Piave”. In via provvisoria. Poi il 12 ottobre 1946 il Consiglio dei Ministri, scartando l’ipoesi del “Va’ pensiero”, ripropone “Il canto degli italiani”. Anche in questo caso in via provvisoria. Ma siamo italiani e, si sa, la provvisorietà può diventare anche la regola. Di fatto “Il canto degli italiani” diventerà per legge l’inno d’Italia soltanto il 4 dicembre 2017. Prima, anche in epoca recente, ci sono volute discussioni anche in Parlamento. Del resto, per rappresentare proprio l’Italia, non poteva che suscitare discussioni, polemiche e lungaggini burocratiche. Perfetto.