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Granchio caduto dalla bancarella del mercato a Monza: l’Enpa lo riporta nell’Adriatico

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 27 Apr 2019   Posted by Gualfrido Galimberti


MONZA – Era caduto inavvertitamente da una bancarella del pesce al mercato di Monza. Il granchio è stato tre volte fortunato: è sfuggito alla pentola, è stato notato da una persona sensibile ed è stato riportato dai volontari dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali) nel suo ambiente ideale, ovvero nel mare Adriatico.

Una storia davvero insolita quella accaduta in questi giorni in città. Ad accorgersi della presenza del granchio l’operatore della ditta che si occupa della pulizia della strada nel quartiere di San Fruttuoso al termine del mercato. Quando lo ha visto, privo di una zampa, lo ha sollevato da terra e lo ha portato all’Enpa chiedendo ai volontari se potevano prendersene cura.

I volontari si sono subito mobilitati per recuperare l’acqua salata, come quella acquistata da chi detiene pesci e altri animali marini. Il granchietto è stato alloggiato e nutrito in un piccolo acquario. Giunto all’Enpa di Monza, era scontato che il granchio non sarebbe mai finito in una pentola, ma la domanda era: dove liberarlo? Ci ha pensato il destino a dare una mano per suggerire la soluzione migliore: Stefano e Feddi, operatori del rifugio, proprio in quei giorni andavano a fare una breve vacanza a Cattolica, sul mare Adriatico. E così, dopo aver accertato che il crostaceo apparteneva a una specie autoctona, è parsa la cosa più scontata riportarlo nel suo ambiente naturale.

Detto, fatto. Dopo poche ore in macchina in un piccolo acquario da viaggio, il piccolo granchio è stato rilasciato in una zona con una lingua di sabbia che arrivava agli scogli. “Il granchio – racconta Feddi – all’inizio è rimasto fermo, poi appena sentita l’acqua è corso verso gli scogli, sulla sabbia e si è piazzato vicino a un’alga. È stato un momento di grande felicità e commozione”.
“A questo fortunatissimo granchio – commentano dall’Enpa – è stata risparmiata una fine davvero orribile. Granchi, grancevole, astici e aragoste, infatti, sono accomunati da un triste destino: prima in bella mostra in un acquario al ristorante davanti ai commensali, oppure con le chele legate su uno strato di ghiaccio al supermercato come in pescheria o su una bancarella del mercato, una volta acquistati finiranno in pentola a bollire ancora vivi perché tanto, come continuano a pensare in troppi, questi animali non sono capaci di soffrire. Con la lodevole eccezione di alcuni Comuni, che nel proprio regolamento per il benessere per gli
animali vietano espressamente questa pratica crudele, in Italia non esiste alcuna legge nazionale specifica. Forse dovremmo imitare la vicina Svizzera, che dal marzo scorso ha vietato per legge che i crostacei vengano bolliti ancora vivi”.
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