GALLARATE – Doveva scontare 2 anni 4 mesi e 15 giorni di carcere, aveva deciso di nascondersi in un convento, sotto falsa identità, spacciandosi per suora: la donna, una quarantasettenne originaria di Acqui Terme (Alessandria) è stata smascherata e condotta alla casa circondariale di Como.
Il blitz degli agenti del Commissariato cittadino di Polizia è scattato lunedì verso le 8 del mattino. L’equipaggio di una Volante si è recato al dalle “Benedettine dell’adorazione perpetua del S.S. Sacramento”, su segnalazione di una persona insospettita sulla reale identità di una donna soggiornante da qualche giorno presso una camera del convento. Gli agenti intervenuti hanno scoperto che lo scorso 4 febbraio vi era stata una chiamata telefonica da parte di una donna, che si era qualificata come la Madre Superiora del Monastero di Vicoforte (provincia di Cuneo), che avrebbe chiesto alle suore del citato convento gallaratese di ospitare una donna, nipote di una consorella, colpita da un malore e ricoverata presso l’ospedale di Gallarate, che aveva necessità di un posto per dormire in zona.
Le suore, insospettite, avevano richiesto un riferimento telefonico per rintracciare la nipote bisognosa, che una volta contattata, risultava possedere un tono di voce molto simile a quello della Madre Superiora del Monastero di Vicoforte, ma, visti i modi garbati e sicuri con cui l’interlocutrice affrontava la discussione, le monache del convento si erano convinte ad accettarla presso la struttura religiosa di Gallarate. Nei giorni successivi, però, colloquiando con le suore del convento, l’ospite è caduta spesso in contraddizione nel raccontare particolari della propria vita.
Le monache, insospettite da tali circostanze, hanno preso contatti con alcuni Monasteri del Piemonte, dai quali aveva conferma che una donna, del tutto corrispondente alla descrizione della ospite del convento, si era presentata presso tutti questi luoghi di culto e, con modi di fare molto garbati e gioviali, si guadagnava la fiducia di tutte le religiose. In alcuni di questi conventi la donna aveva addirittura asportato delle chiavi di accesso, per poi allontanarsi dalla struttura in modo furtivo, senza avvisare nessuno.
Si è potuto accertare che analogo episodio si era verificato anche presso il Centro di Accoglienza “Negri” di Legnano (Milano), presso il quale una donna, qualificatasi con le stesse generalità, aveva soggiornato pochi giorni prima di raggiungere il convento di Gallarate. Anche da questa struttura la donna si era allontanata portando con sé le chiavi della camera dove aveva soggiornato per un breve periodo, non comunicando la sua volontà di lasciare l’alloggio. Tali fatti erano stati comunque denunciati presso la Stazione dei Carabinieri.
A seguito di quanto appreso ed accertato il personale della Polizia di Stato ha preso quindi contatto con la sospettata, la quale è apparsa subito cordiale e collaborativa, ma non in grado di comprovare la propria certa identità, disponendo solo di una tessera sanitaria. Gli operanti hanno quindi chiesto i dati anagrafici alla donna, ma quest’ultima ha dato diverse indicazioni sulla propria data di nascita, comunque diversa da quella indicata nella tessera sanitaria. La donna è stata, pertanto, accompagnata presso gli uffici del Commissariato per essere sottoposta a fotosegnalamento, con richiesta dei precedenti dattiloscopici, al fine di arrivare alla sua certa identificazione. Alla fine è emerso che la donna era destinataria del provvedimento restrittivo, per una pena residua di anni 2, mesi 4 e giorni 15 di reclusione.
Terminati gli accertamenti di rito e notificati gli atti a suo carico, la donna è stata anche denunciata per i reati di sostituzione di persona e false attestazioni a pubblico ufficiale sulla propria identità ed in forza del provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria palermitana è stata condotta alla casa circondariale di Como. Sono in corso gli accertamenti sulla scheda telefonica in uso alla medesima, verosimilmente attivata utilizzando generalità false, acquisite tramite documenti rubati, nonché sui numerosi mazzi di chiavi di cui la stessa era in possesso, con ogni probabilità asportati dai conventi che l’hanno ospitata in passato.