Anche in un momento che continua a essere drammatico, caratterizzato dalla paura e in parecchi casi anche dal dolore per la perdita delle persone a noi care, una cosa è certa: il Coronavirus sarà prima isolato e poi sconfitto. Si tornerà alla vita normale. Difficile dire con quali conseguenze: quelle economiche, a più riprese, le stanno calcolando gli addetti ai lavori, con stime sempre più preoccupanti, anche articolate nei vari settori, tra industria, turismo, commercio, partite Iva.
Qualcuno si è spinto anche un po’ più in là: il Coronavirus, a detta di molti, oltre all’economia cambierà sicuramente il nostro modo di lavorare. Molto probabilmente un po’ più smart. Cambierà anche qualcosa nella gestione delle emergenze, pur nella consapevolezza che questi fatti non accadono di frequente e che, tuttavia, bisogna essere preparati in caso di necessità.
Qualche cambiamento lo auspichiamo anche noi, soprattutto per quanto riguarda i nostri politici:
1 – Meno chiacchiere
Ancora prima dell’arrivo del virus abbiamo sentito dichiarazioni di ogni tipo. Uno il ritornello: “L’impatto del Coronavirus in Cina? Da noi non può accadere. Siamo all’avanguardia, pronti a intercettare il virus negli aeroporti”. Già, è il resto che era un po’ scoperto. Tant’è che in un batter d’occhio è riuscito a dilagare nel lodigiano, poi nell’intera regione e, da lì, in tutta la penisola.
Non è bastato tutto questo. Fuori la seconda sparata: “E’ poco più di un’influenza, continuate a fare la vita normale”. Salvo poi vedere i politici ritornare sui loro passi: “State a casa, servono atteggiamenti responsabili. Forse qualcuno non percepisce la gravità della situazione”. Nel mezzo il virus aveva già percorso tutta l’Italia, portando paure e lutti oltre che una tremenda caccia all’untore e a un odio incredibile tra i cittadini: dagli insulti a chi porta fuori il cane, a chi va al supermercato con la mascherina.
2 – Meno politica
Chiedere meno politica ai politici è un’utopia. Ma chiedere loro di mettere da parte i simboli di partito e gli schieramenti, quando c’è di mezzo un’emergenza, è anche un dovere. Il braccio di ferro su chi comanda è un triste spettacolo a cui non vorremmo più assistere. Compiti chiari, ruoli chiari, obiettivo comune.
3 – Meno ordinanze e decreti
Al cancelliere tedesco Angela Merkel è stato sufficiente dare istruzioni e aggiungere: “Non sono consigli, sono regole”. Detto, fatto. Da noi, invece, un susseguirsi di ordinanze e di decreti, quasi tutti firmati nel weekend (perfino la domenica sera), spesso incomprensibili o ricchi di contraddizioni. Con difficoltà da parte dei cittadini nel capire se potevano fare sport, andare al mercato, rivolgersi a una pizzeria d’asporto, fare la spesa, spostarsi in un altro Comune. Problemi dei primi giorni? Tutt’altro: in quest’ultimo fine settimana sono stati emessi quattro provvedimenti. E proprio nella mattinata di oggi, lunedì 23, i liberi professionisti della Lombardia si sono chiesti se potevano andare nel loro ufficio. Per il governatore Attilio Fontana possibilità da escludere, ma il premier Giuseppe Conte era di tutt’altro avviso. Gli architetti e gli ingegneri non sono giuristi: ma anche tra i segretari comunali il caos era totale. Per qualcuno prevale l’ordinanza di Fontana, per altri in base alla gerarchia valgono le indicazioni di Conte. Perfetto.
Debellato il virus, ricordiamoci di fare un po’ di pulizia. Oggi va di moda parlare di “sanificazione”. La chiediamo soprattutto negli enti pubblici: via tutti i protagonismi, le chiacchiere inutili, i tecnicismi da burocrate che complicano la vita al cittadino. Impossibile? Beh, ci siamo rivolti ai cinesi e ai cubani per la sanità: proviamo a guardare all’estero imitando chi sa fare regole chiare ed è capace di farle rispettare.