ROMA – “Non mi avventurerei in viaggi all’estero veso Paesi, e mi riferisco anche all’Europa, dove non c’è la garanzia per chiunque, a prescindere dalla nazionalità, di avere un supporto di alto livello. Non c’è niente di più sicuro come il nostro servizio sanitario”. Parola di connazionale, ma anche di addetto ai lavori. A rilasciare queste dichiarazioni al Corriere della Sera, infatti, è Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Io resterei a casa – aggiunge Guerra -. Per non contare il valore etico di una vacanza in Italia. Scegliendo una vacanza tricolore, partecipiamo al rilancio dell’economia turistica. Tutti dobbiamo contribuire”.
Da parte sua pochi timori per alcuni dati che arrivano dalle singole regioni: “I piccoli segnali di allerta, come quello che viene dalla Valle d’Aosta – spiega l’esperto – sono monitorati e dipendono dal ridotto numero di casi” di infezione. Sta andando bene nell’insieme e anche il riscontro negli ospedali è positivo, ce lo dicono gli indicatori sul numero di posti letto occupati. I dati diffusi fotografano l’Italia di 5 giorni fa – ricorda Guerra – perché sono dati che hanno bisogno di questo tempo per essere raccolti e organizzati, quindi abbracciano anche l’iniziale fase di riaperture. Se ci fosse stato qualche segnale di rialzo dei casi legato alla fase 2 avremmo già dovuto vederlo grazie a questo sistema di monitoraggio molto articolato e sensibile. Le Regioni hanno imparato a comunicare i dati con rigore. Non si può scherzare, dunque non è neppure lontanamente immaginabile che tendano a minimizzare il rischio. Sanno a cosa si andrebbe incontro”.
Interpellato sulla possibilità che il virus possa sparire o, almeno, perdere tutta la sua aggressività con l’arrivo del caldo, Guerra ha manifestato tutti i suoi dubbi: “In India e Brasile – ha spiegato – la stagione è calda, eppure stanno vivendo una fase ascendente dell’epidemia. Il sindaco di Manaus ha chiesto aiuto. Inoltre non sappiamo cosa sta accadendo nei Paesi dove c’è il problema di raccogliere i dati. A cominciare dall’Africa. Speriamo che le caratteristiche demografiche, vale a dire una popolazione più giovane e meno esposta a malattie croniche, stiano determinando una minore circolazione del coronavirus. Noi siamo pronti ad aiutarli e stiamo accantonando dei fondi”.