SEREGNO – L’emergenza Covid era sempre più pesante e difficile da gestire? Alla “Trattoria del Barbisa” di Seregno hanno trovato la ricetta giusta anche per affrontare questo periodo: giù la saracinesca per titolare chi lavora e i clienti, su le maniche per aiutare chi era maggiormente in difficoltà. Posto all’antica sotto tutti i punti di vista quello di via Montello. Ristorante aperto dalla fine del 1989, tra quelli più longevi nel territorio cittadino, luogo d’atmosfera, di ottimi piatti, ma fatto anche di rapporti umani, di valori e di una lunga tradizione familiare.
“Era stato aperto da mio padre Luigi – racconta il titolare, Marco Scoppettuolo – ora lo gestisco insieme a mia moglie Cristina mentre mia sorella Patrizia ha aperto il ‘Piscinin’ in via Verdi. No, nessuna rivalità, siamo tutti uniti. Ed è proprio con questo spirito che ci siamo fatti forza per affrontare un’annata decisamente pesante”.
Qui la prima preoccupazione è stata quella della tutela della salute. Dei familiari, naturalmente, ma anche dei dipendenti e dei numerosi clienti. “Non abbiamo avuto bisogno del lockdown per fermarci – racconta Scoppettuolo -, abbiamo chiuso di nostra iniziativa già con una settimana di anticipo. I soldi servono a tutti, ma la salute resta la priorità”.
Affrontare questo periodo non è stato facile nemmeno per un’attività così storica e radicata sul territorio. “Lo Stato – dichiara il titolare – ci ha dato una mano riconoscendoci il 5 per cento dei nostri incassi. E’ vero, è un po’ pochino. Ma sono state risorse utili per affrontare alcune spese”. Poi la famiglia si è rimboccata le maniche e ha cercato di fare il possibile con l’asporto. “A quel punto – racconta Scoppettuolo – non ci sono stati più due ristoranti. Eravamo qui tutti per cucinare e fare consegne. Abbiamo cercato di fare il possibile per mantenere vivo il rapporto con la clientela”.
Sono stati ripagati, anche da tanto affetto: “I nostri clienti ci sono sempre stati vicini – conferma il titolare del ‘Barbisa’ – sia con telefonate durante il periodo di chiusura totale, poi ordinando il pranzo qui qualche volta in più per sostenerci”.
La famiglia, però, in una situazione difficile ha avuto anche la capacità di guardare oltre le vetrine del locale: “C’è chi stava peggio – spiega l’imprenditore seregnese – e stava facendo cose grandiose. Penso ai medici e agli infermieri. Per questo mi sono unito ai ristoratori che hanno deciso di impegnarsi per il personale dell’ospedale San Gerardo di Monza e per alcune associazioni di volontariato”.
Ora la volontà di ripartire, sperando di lasciare tutto alle spalle come un brutto ricordo. “Con il tempo – conclude Scoppettuolo – si sistemerà tutto. Questo lavoro è la nostra vita, non un semplice investimento, bensì anche la nostra passione. L’italiano tornerà a mangiare nei ristoranti. Tutto sarà come prima. Anche la nostra paella? Sì, certamente. Per noi è il piatto storico, volevamo toglierla dal nostro menu per fare qualcosa di diverso: durante il periodo dell’asporto è stato il piatto più richiesto che ci ha salvato dal disastro”.