LISSONE – La situazione alla Brugola OEB di Lissone ancora oggi registra purtroppo lo stato di difficolta in cui si trovano circa 40 lavoratori in cassa integrazione da marzo 2020. “Come già più volte denunciato – spiegano i sindacati – l’utilizzo della cassa integrazione, che non è un problema utilizzare là dove necessario, riguarda sempre e solo i soliti lavoratori che non sono mai stati fatti rientrare al proprio posto di lavoro nonostante ci sia la possibilità di effettuare la rotazione”.
“Continuiamo a denunciare tale situazione senza però che l’azienda riveda la propria posizione e ristabilisca un minimo di equità nell’utilizzo dello strumento – spiegano i sindacalisti di Fiom, Fim e Uilm – forse alcuni lavoratori non sono graditi alla direzione aziendale e lo vogliono esplicitare non facendoli rientrare, mettendoli economicamente in difficoltà anche nel mantenimento delle famiglie e dei figli”.
Inoltre la direzione, in previsione della scadenza del blocco dei licenziamenti, ha nuovamente convocato i lavoratori sospesi a colloqui individuali, cosa che già era avvenuta a fine 2020 è che portò l’azienda ad offrire incentivazioni per accettare il licenziamento aggirando le normative nazionali emanate dal Governo per la gestione della fase emergenziale dovuta alla pandemia di Covid che prevedono il divieto di licenziamento. Già a inizio 2021, infatti, Brugola aveva proceduto a interrompere il rapporto di lavoro con qualche lavoratore che già era in cassa integrazione.
“Le cessazioni di rapporto fatte in pieno divieto di licenziamento e anche senza rispettare le normative previste per i licenziamenti collettivi che deve essere effettuata, come previsto dalla L.223/91, se si effettuano più di cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni le avevamo denunciate pubblicamente, sono state fatte anche segnalazioni agli organi istituzionali competenti dal quale ci aspettiamo che facciano le opportune verifiche per garantire il rispetto delle normative”, spiegano Stefano Bucchioni della Fiom Cgil, Eliana Dell’Acqua della Fim Cisl e Francesco Caruso della Uilm Uil.
“La procedura citata prevede il conseguente coinvolgimento organizzazioni sindacali in rappresentanza dei lavoratori per trovare soluzioni ed accordi, anche alternative al licenziamento, che però ripeto ad oggi e fino a fine giugno, sono bloccati – precisa Bucchioni–. In Brugola la scelta aziendale, esplicitata anche dal datore di lavoro in una assemblea che ha svolto per parlare ai lavoratori, è quella di arrivare a cancellare la presenza delle organizzazioni sindacali in azienda e trattare direttamente con i lavoratori senza che gli stessi possano scegliere se e da chi farsi assistere e rappresentare”.
“La dimostrazione l’abbiamo avuta in modo concreto – aggiunge Caruso -, i lavoratori chiamati a colloquio che hanno espresso la volontà di essere assistiti dalle organizzazioni sindacali si sono visti revocare l’incontro, tra l’altro chiesto dalla stessa azienda”. Dell’Acqua tiene a precisare: “Credo che ci si trovi nuovamente di fronte ad una pressione nei confronti dei cassa integrati per far sì che accettino di uscire attraverso conciliazioni individuali, quindi nuovamente aggirando le norme in materia di licenziamenti collettivi”.
Bucchioni (Fiom Cgil) rincara: “La scelta del Governo di non prorogare il divieto di licenziare rischia di mettere a rischio molti posti di lavoro, di lavoratori e delle loro famiglie, sarebbe invece più saggio che il Governo riveda la propria posizione prorogando il divieto fino a che non vi sia una vera riforma complessiva degli ammortizzatori che garantisca sostegno a chi perde lavoro e che crei le condizioni vere per essere rioccupati”. Unitariamente i tre rappresentanti di Fiom, Fim e Uilm aggiungono: “Non è possibile che, dopo tutti i soldi pubblici distribuiti alle imprese attraverso ristori, agevolazioni, oggi si permetta di poter licenziare scaricando ancora tutto sulle spalle dei lavoratori”.
Infine tengono nuovamente a ribadire che “non è possibile che con arroganza, presunzione e possibilità economica a disposizione, ci siano realtà industriali in cui si pensa di poter aggirare le normative contrattuali e le leggi. In un paese che vuole essere considerato civile, evoluto e democratico bisogna fare sì che vi sia il controllo sul rispetto delle norme e intervenire severamente dove questo non avviene. La scelta di non proseguire con il divieto di licenziare fatta dal Governo va invece nel senso inverso e consente ad aziende come Brugola, che hanno usufruito di soldi pubblici attraverso la cassa integrazione e nel frattempo riteniamo abbia aggirato norme legislative e il diritto dei lavoratori ad essere rappresentati, di licenziare lavoratori che, come dichiarato pubblicamente qualche mese fa, non sono considerati
“meritevoli”.