SEREGNO – Bufera a Seregno per le affermazioni social di Massimo Vergani, vice comandante della Polizia locale, che definisce “ebrei” i milanisti. Il post è stato rimosso da Facebook, ma gli strascichi restano: il sindaco Alberto Rossi annuncia che sta valutando l’idea di prendere provvedimenti a tutela del Comune.
Il post incriminato risale a pochi giorni fa, più esattamente alla serata della vittoria in Coppa Italia dell’Inter contro il Milan. Vergani, sfegatato tifoso nerazzurro, così come dimostra il suo profilo Facebook praticamente a sfondo esclusivamente calcistico, non riesce a trattenersi: “”Risultato netto – scrive l’ufficiale della Polizia locale -, pulito, dominante!!! Finalmente si ritorna nella nostra posizione naturale di dominio sugli ebrei. Inutile ricordare che Milano siamo ancora una volta, solo noi!!!”. E, a conferma del suo pensiero, anche alcuni hashtag eloquenti: #rossoneriebrei #merde e #zozzoneri.
Una volta scoppiata la polemica, Vergani ha poi rimosso il post. Nella pagina, a dire il vero, non mancano altre occasioni (per esempio il 13 e il 19 marzo) in cui ricorre al termine “ebrei” per parlare dei milanisti. Un linguaggio che poco si addice a chi, in qualità di vice comandante di Polizia locale, nella quotidianità ha il compito di fare valere il rispetto delle regole e delle persone.
Tremendamente seccato il sindaco Alberto Rossi: “Le frasi espresse dal vicecommissario Vergani – afferma il primo cittadino – sono assolutamente biasimevoli e irricevibili, e la situazione è resa ancora più grave dalle successive giustificazioni”. Pare, infatti, che abbia tentato di spiegare che non voleva essere una frase antisemita e che avrebbe utilizzato “ebrei” solo perché dispregiativo. Insomma di male in peggio.
“L’uso di termini razzisti, antisemiti o di discriminazione territoriale – commenta il sindaco – è una piaga che continua ad affliggere la nostra società e questo ne è, purtroppo, un pessimo esempio. Non posso che rammaricarmi profondamente che questo comportamento sia venuto da una persona che lavora per la nostra Istituzione, in un ruolo pubblico così a diretto contatto con la nostra comunità. Chi riveste un ruolo pubblico deve adottare una dose maggiore di cautela in servizio ma anche nei comportamenti privati, a tutela dell’autorevolezza del proprio lavoro e dell’istituzione che si rappresenta”.
Rossi non è intenzionato a chiudere in fretta l’accaduto e a voltare pagina: “L’episodio è accaduto nell’ambito della vita e sfera private della persona ed è estranea al servizio ma, proprio in considerazione del ruolo pubblico ricoperto, sono già in corso le opportune valutazioni e azioni, anche a tutela dell’ente, che ovviamente verranno condotte con l’accuratezza necessaria”.