BUSTO ARSIZIO – Capita sempre più spesso che malfattori, all’alt intimato dalle pattuglie della Polizia di Stato, scappino con i mezzi più disparati. Gli agenti del Commissariato di Busto Arsizio (Varese) sono riusciti a venire a capo di una vicenda che risale al 24 aprile, con la fuga spericolata di alcuni individui su una BMW, notata dalla Volante mentre si aggirava a Castellanza nelle vicinanze di boschi noti per lo spaccio di droga. Appena vista la pattuglia, il conducente accelerava ed effettuava un pericoloso sorpasso, mentre il passeggero lanciava dal finestrino un sacchetto che, purtroppo, non è stato possibile recuperare. Ne nasceva un inseguimento ad alta velocità e con numerosi e spericolati sorpassi, che terminava a Cislago, all’ingresso della Pedemontana, dove la BMW veniva trovata poco dopo essersi schiantata contro il guard-rail, non più marciante, con le chiavi di accensione inserite e le portiere aperte.
Essendo evidente che i suoi occupanti si erano dileguati a piedi, dopo alcune ricerche in zona risultate vane, i poliziotti di via Foscolo hanno recuperato l’auto per effettuare i rilievi di polizia scientifica e gli accertamenti sul proprietario, poiché non risultava alcuna denuncia di furto. Così, se da un lato le impronte digitali hanno permesso di risalire all’identità di uno dei presunti utilizzatori del mezzo –un marocchino di 20 anni in Italia senza fissa dimora – e di denunciarlo per resistenza a pubblico ufficiale, gli accertamenti sul proprietario hanno consentito di individuarlo in un pregiudicato italiano residente a Milano. La collaborazione tra il Commissariato e la Sottosezione della Polizia Stradale di Busto Arsizio ha portato alla denuncia di quest’ultimo per simulazione di reato: è infatti emerso che l’uomo, non nuovo a simili comportamenti, aveva denunciato il furto della BMW poche ore dopo l’inseguimento e l’incidente, riferendo però circostanze di tempo e di luogo assolutamente incongrue; auto che tra l’altro poco tempo prima era già sfuggita a un controllo della Polstrada, della quale lo stesso proprietario aveva già denunciato il furto lo scorso mese di aprile e che poco dopo era stata trovata in possesso di quattro nordafricani.
Dalle indagini svolte parallelamente dai due uffici della Polizia di Stato è quindi emerso che, secondo un collaudato copione delinquenziale, vetture di grossa cilindrata formalmente intestate a italiani che si prestano a fungere da prestanome vengono di fatto utilizzate da pusher nordafricani per raggiungere i boschi dello spaccio e fuggire ai controlli delle Forze dell’Ordine; quando l’auto deve essere abbandonata il proprietario nominale si affretta a denunciarne il falso furto.