La notizia è arriva a ciel sereno e, in particolare, con un effetto devastante: l’Onu e l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) pronti a prendere posizione contro il parmigiano reggiano, il prosciutto e l’olio extravergine di oliva perché nocivi per la salute. Di più: addirittura paragonati, per la loro pericolosità, al tabacco. E’ la notizia che negli ultimi due giorni ha messo in subbuglio migliaia di produttori, istituzioni e liberi cittadini. Non solo per una economia da difendere, ma anche perché venivano messi in discussione alcuni simboli dell’italianità nel mondo.
Uno dei primi a far presente il pericolo è stato Andrea Gnassi, sindaco di Rimini: “Il meglio della dieta mediterranea potrebbe finire in fuorigioco”. Sviluppo che ovviamente non era disposto ad accettare e che, in ogni modo, avrebbe cercato di contrastare.
Tutto è nato dal documento “Time to deliver”, che facendo un’analisi delle malattie non trasmissibili (a oggi ancora in grado di uccidere circa 41 milioni di persone all’anno, ndr), ne individuava anche le principali cause. Una su tutte, l’alimentazione. Con la condanna di cibi ricchi di grassi e di zucchero, il cui uso sarebbe da scoraggiare anche introducendo tassazioni e invitando i produttori a stimolare un consumo più responsabile attraverso l’etichettatura.
A scatenare la rabbia sono stati alcuni giornali che hanno subito individuato i nostri prodotti ottenuti anche con burro, margarina, grassi, zuccheri. Esplosa la bomba, però, l’Onu si è affrettata a precisare che nella riunione del 27 settembre in realtà non è previsto alcun voto contro il cibo italiano. Il rapporto “Time to deliver”, senza fare nomi precisi di alcun prodotto, porterà a dare indicazioni politiche. Anche se nel rapporto si auspica che vengano introdotte misure fiscali, compreso l’aumento delle tasse sul tabacco e sull’alcol e che si consideri la possibilità di fare altrettanto per prodotti non salutari. Passato il grande spavento, insomma, è ancora vietato abbassare la guardia.
Gualfrido Galimberti