E’ uno dei teatri più prestigiosi e importanti del mondo. Anche uno dei più belli, diciamo noi da italiani ma con la certezza che nessuno riuscirà a smentirci. Il Teatro alla Scala celebra il 3 agosto festeggia un compleanno importante: quello stesso giorno, anno 1778, viene ufficialmente inaugurato.
Il nome ufficiale è Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala. Un nome che richiama la chiesa di Santa Maria alla Scala che viene abbattuta per fare spazio alla nuova struttura.
L’esigenza di un nuovo teatro in città è particolarmente avvertita. Il Regio Ducal Teatro, edificato nel 1717, del resto è ormai distrutto dal 1776 a causa di un incendio che l’ha devastato completamente. Sono le famiglie benestanti che chiedono la realizzazione di una nuova sala, anticipando direttamente i soldi sotto forma di abbonamento per le stagioni che verranno. L’incarico per la progettazione viene affidato all’architetto Giuseppe Piermarini quello più celebrato in quegli anni, fresco fresco di progettazione della Villa Reale di Monza. Sebbene la sua abilità in questi anni sia stata dimostrata soprattutto in ville e palazzi, ecco un’opera che lascia a bocca aperta.
Progettata in un batter d’occhio, i lavori iniziano il 5 agosto dello stesso anno. Lontani anni luce dalla burocrazia di oggi, il teatro è completato in meno di due anni, con prove di acustica eseguite il 28 maggio 1778. Due mesi e mezzo più tardi, il 3 agosto, l’inaugurazione ufficiale con la prima assoluta de “L’Europa riconosciuta” di Antonio Salieri.
Il teatro, come si può immaginare, piace subito a tutti. Il problema non è quello dell’apprezzamento, bensì quello dei costi di manutenzione che costringe ad aprire le porte anche all’opera buffa. Tutto procedo così fino al 1807, quando viene rifatto e ampliato il palco, mentre nel 1823 viene appeso il grande lampadario con 84 lumi a petrolio. Nel frattempo, poco per volta, vengono aggiunte decorazioni dorate sempre più impegnative.
Dal punto di vista artistico, grandi nomi si alternano fin da subito negli anni tra musicisti e compositori. Uno su tutti: Giuseppe Verdi, che fa il suo timido esordio nel 1839 con “Oberto conte di San Bonifacio” riscuotendo tuttavia un ottimo successo. Rimarrà alla Scala fino al 1945, quando deciderà di allontanarsi a causa dei dissidi economici tra compositori e impresari. Farà ritorno un quarto di secolo più tardi, nel 1869, contribuendo a risollevare il livello artistico del Teatro alla Scala, nel frattempo decaduto. Quando tutto sembra andare per il meglio, però, ecco la doccia fredda: il Comune di Milano, l’1 luglio 1897, sospende i finanziamenti al teatro, spinto dalla necessità di destinare risorse all’emergenza sociale. Quasi un anno e mezzo di chiusura, con porte di nuovo spalancate il 26 dicembre 1898 grazie ai soldi sborsati da Guido Visconti di Modrone che vuole nientemeno che Arturo Toscanini a dirigere l’opera inizialmente e, superata la serata, quale nuovo direttore artistico della Scala. Scappato dall’Italia durante il regime fascista, farà di nuovo ritorno nel teatro milanese nel 1946.
Inutile citare tutti i suoi successori. Da queste parti sono passati i più grandi del mondo. Nomi che hanno fatto la storia della musica, del balletto. Nella loro alternanza e successione una caratteristica comune: tutto ciò che hanno dato al Teatro alla Scala, l’hanno ricevuto indietro con gli interessi. Perché quando si arriva alla Scala, si sale. Verso la leggenda.
Gualfrido Galimberti