SEVESO – Il 10 luglio 1976 da queste parti se lo ricordano tutti. Poi, nel giro di pochi giorni, lo ha scoperto anche tutto il mondo: era il giorno della diossina, quello del primo incidente chimico su larga scala nel mondo industrializzato. Ieri Gianmarco Corbetta (Movimento 5 Stelle), da brianzolo sensibile alla tematica ambientale, ha voluto portare un ricordo del disastro chimico e ambientale nell’Aula del Senato. Lo pubblichiamo integralmente.
Era il 10 luglio 1976, un caldo giorno d’estate come tanti, quando in Brianza accadde un incidente che avrebbe segnato per sempre quel territorio.Alle ore 12 e 37 dallo stabilimento Icmesa di Meda fuoriuscì una nube tossica contenente almeno 15 chili della più pericolosa tra le diossine. Spinta dal vento, la nube si diffuse in un territorio con 36 mila abitanti, tra i comuni di Seveso, Meda, Cesano Maderno, Bovisio Masciago e Desio.
L’erba ingialliva, le foglie cadevano. 3300 animali morti. 80 mila abbattuti in seguito. 736 persone evacuate; 41 famiglie non tornarono più nelle loro case perché furono abbattute. Centinaia gli adulti e bambini intossicati.
Fu una tragedia che colse completamente impreparato il nostro Paese, che non aveva mai sentito parlare di diossina prima di allora: passò una settimana prima che le autorità cominciassero a percepire la reale portata dei fatti accaduti.
Quell’anno aumentarono notevolmente gli aborti spontanei e le malformazioni alla nascita. Così come le patologie epatiche e altri problemi di salute. Ufficialmente la diossina non causò nemmeno una vittima, eppure i comuni coinvolti registrarono un incremento della mortalità che qualcuno si spinse a calcolare tra i 126 e i 157 morti. E questo per limitarci ai soli effetti nel breve periodo.
I materiali contaminati, la terra, le macerie, i resti degli animali vennero interrati in due grandi vasche appositamente costruite nella zona A, quella più colpita, l’unica che venne bonificata.
I terreni nelle zone B e R, dove la contaminazione era minore, non furono mai bonificati, a testimonianza del fatto che all’epoca non ci fu una reale percezione della gravità dell’accaduto.
Venne posto un semplice un divieto di coltivare e consumare prodotti agricoli e zootecnici. Ma dopo 10 anni anche quel divieto venne revocato. Cominciò così il processo di rimozione collettiva del peggior disastro ambientale che il nostro Paese abbia mai conosciuto.
Nel 85 Regione Lombardia istituì il divieto di costruzione e scavo nell’area contaminata ma – incredibilmente – nel 2009 la stessa Regione derogò il divieto, per consentire il passaggio dell’autostrada Pedemontana lombarda, portando avanti quel tragico processo di rimozione collettiva.
Eppure, come dimostrano i campionamenti effettuati anche in anni recentissimi, dopo 43 anni la diossina è ancora lì, presente nei terreni ben oltre i limiti di legge.
Sull’altissima tossicità della sostanza oggi non ci sono dubbi: è cancerogena, danneggia tessuti grassi, fegato, reni, sistema cardiocircolatorio e nervoso centrale, produce danni embrionali e malformazioni, diminuisce la fertilità e la capacità riproduttiva. Gli studi epidemiologici effettuati sulla popolazione esposta al disastro hanno confermato un aumento significativo dell’incidenza dei tumori e altre malattie.
Solo grazie all’intervento del MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura regionale si è posto concretamente il tema della bonifica dei terreni su cui dovrebbe passare Pedemontana, imponendo una preventiva attività di analisi e la predisposizione di un piano di bonifica.
E anche per i terreni agricoli ci sono finalmente novità. Da pochi giorni abbiamo una norma che impone alle ASL di controllare i prodotti agricoli di terreni contaminati e stabilire le misure per la tutela della salute.
Ma intanto sono passati 43 anni dal disastro dell’ICMESA; la legislazione ambientale, proprio partendo da quell’incidente, ha fatto passi da gigante in tutto il mondo, ma il tempo perduto nella tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini della Brianza nessuno lo potrà mai recuperare.
Senatore Gianmarco Corbetta