LONDRA – Riaprire adesso, costi quel che costi. Anche vittime. Il premier Boris Johnson non ha alcuna intenzione di tornare indietro sui suoi passi. Il dado è tratto: il 19 luglio l’Inghilterra (non il Galles, non la Scozia, né l’Irlanda del Nord, che su questa materia sanitaria hanno piena autonomia) dice stop alle restrizioni.
A chi gli fa notare che in questi giorni si registrano quasi 30 mila nuovi casi di positività al giorno, Johnson nemmeno risponde. Tira diritto per la sua strada, convinto che il momento giusto sia questo: se non si riapre dopo l’imponente campagna vaccinale (il 90 per cento degli inglesi ha gli anticorpi), tutto sarà stato inutile.
A replicare, invece, ci pensa Sajid Javid, ministro della Sanità. Facendo presente che entro il 19 luglio sono stimati 50 mila casi di positività al giorno. E si pensa che entro la fine dell’estate possano diventare anche 100 mila.
Per il governo, tuttavia, sono dati di secondaria importanza. Quelli che ogni giorno vengono osservati con molta attenzione sono quelli delle vittime e della pressione sugli ospedali. E, in entrambi i casi, arrivano risposte favorevoli. In Inghilterra, a causa della variante Delta, il virus sta iniziando a circolare di nuovo a ritmo sostenuto, ma le conseguenze grazie al vaccino sono fortemente ridimensionate.
Per Johnson è l’ora giusta per ripartire. Ne hanno bisogno i cittadini, ne ha bisogno l’economia.