Con -4,8% dei campi coltivati a mais nel 2022 è sos allevamenti per le forniture di latte e carne alle famiglie italiane dopo gli sconvolgimenti dei mercati mondiali determinati dalla guerra in Ucraina. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sull’ultimo report Istat con le previsioni di semina per le coltivazioni cerealicole nel 2022 che indicano una crescita dei terreni a orzo (+8,6%), una sostanziale stabilità per il frumento tenero per pane e biscotti (+0,5%) e un calo del frumento duro per la pasta (-1,4%).
Sulle produzioni – spiega Coldiretti – pesano le avverse condizioni climatiche con l’emergenza siccità che continua ad interessare importanti aree del Paese a partire dalla pianura padana dove si produce 1/3 dell’agroalimentare italiano. Una situazione preoccupante con più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi, secondo il Crea. Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato
La rilevazione dell’Istat però è precedente all’invasione dell’Ucraina e non tiene conto –riferisce la Coldiretti – del via libera dell’Unione europea alla semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno che permetterà una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione. Secondo l’ultimo “Short term outlook” della Commissione Ue sui mercati agricoli nel 2022, il risultato sarà un raccolto italiano di mais destinato all’alimentazione degli animali di oltre 6,1 milioni di tonnellate al quale aggiungere un altro milione di tonnellate di soia Made in Italy
E’ quindi strategico ridurre la dipendenza dall’estero in una situazione in cui – evidenzia la Coldiretti – l’Italia è deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati.
“Bisogna invertire la tendenza contenendo il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo nazionale,” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorrono investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.